Giorgio Catti

Giorgio Catti – Partigiano Cattolico

Nato a Torino il 28 ottobre 1925. Abitava nel quartiere Santa Rita in via Cadorna n.37 a Torino. Era un assiduo frequentatore dell’oratorio del Santuario. Sin dalla giovane età si è impegnato nell’Azione cattolica e nella San Vincenzo. Aveva grande passione per la montagna e a 16 anni scalò la Tête Blanche. Ha studiato presso l’istituto Quintino Sella di Torino.

Nell’autunno 1943, dopo l’armistizio appena compiuto i 18 anni, i bandi del generale Graziani che chiamavano i giovani alle armi, lo spinsero a svolgere l’attività antifascista clandestina sia all’Università di Torino, che al Politecnico. Presto l’attività propagandistica divenne molto pericolosa, quindi decise di passare alla clandestinità raggiungendo la Val Chisone. La zona di Cumiana, la conosceva molto bene, e il giovane Catti si adoperò per organizzare i soldati sbandati. «Lo fece quasi d’istinto – ha ricordato in una recentissima commemorazione la dirigente scolastica del suo antico istituto – probabilmente senza saper usare un’arma e senza la consapevolezza che la sua e quella di altri compagni era una vera e propria guerriglia». Con la sua formazione e col nome di battaglia di “Bossi”, costituì con l’amico d’infanzia Gianni Daghero (nome di battaglia «Lupo») la prima divisione alpina autonoma della Val Chisone, conosciuta come la «banda dei partigiani cattolici». Il Direttore del Centro Studi nonchè storico, prof. Walter Crivellin, definisce l’impegno totale nella Resistenza di Giorgio Catti e dei suoi compagni l’inizio di un cammino alla democrazia, senza dubbio animata da un dibattito e dalle riflessioni sul ruolo dei cattolici nell’immediato dopoguerra. Alcuni testimoni hanno riportato che tra le sue frequenti battute diceva ai suoi uomini «Se non paghiamo oggi saremo senza credito domani. Il Vangelo poi è tutto qui: essere giusti, con sé e con gli altri. Ma esserlo sempre e non solo quando costa poco. Libera nos a malo non significa tagliare la corda nei momenti della prova…».

Il 30 dicembre 1944 durante un rastrellamento dei paracadutisti della Folgore Giorgio Catti, Gianni Daghero “Lupo” si trovavano nei pressi della Cascina Richetta, a Porte di Cumiana. Un giovane Michele Levrino li avvertì, colti di sorpresa si nascosero tutti in un fienile. Nella perlustrazione i partigiani furono individuati, circondati e intimata loro la resa. Rifiutarono con disprezzo e il pagliaio fu incendiato. Inoltre i “repubblichini” mitragliarono il covo uccidendo immediatamente «Lupo» e Michele. Con le vesti incendiate, Giorgio Catti uscì all’aperto. Prima di cadere sotto i colpi delle armi, riuscì a gettare nel fuoco il portafogli con documenti compromettenti. A poca distanza dal suo corpo fu trovata un’immaginetta di Piergiorgio Frassati con la scritta: «La miglior vendetta è il perdono». E’ stato insignito di medaglia d’oro al valore, e a suo nome in ricordo dell’esperienza cattolica nella resistenza in Piemonte sono stati intitolati il Centro Studi e un “Fondo” di documenti conservati nell’Archivio dell’Arcivescovado di Torino.